A proposito di unità

Il tema dell’unità a sinistra è rimbalzato in questi giorni sulle pagine di Liberazione per un articolo impegnativo del compagno Claudio Grassi, a conclusione del quale egli stesso sollecita l’avvio di una discussione. Accolgo l’invito utilizzando questo blog per esprimere alcune mie valutazioni, anche se un dubbio mi sorge spontaneo: è opportuna che questa discussione – che ha un sapore con tutta evidenza congressuale – venga sollecitata ora ad una settimana di distanza dal voto, nel momento in cui forse sarebbe meglio concentrarsi sulla campagna elettorale? In ogni caso, è evidente che una volta che il tema viene posto è necessario affrontarlo. E vengo allora alle questioni di merito. Premetto che rispetto all’articolo di Grassi, pur considerando del tutto legittime le posizioni espresse, vi è da parte mia un dissenso di merito, anche se su singoli punti vi possono essere delle convergenze.

Le tesi che a me pare si possano cogliere nell’articolo sono sostanzialmente due. La prima riguarda la possibilità/necessità di costruire un percorso unitario dell’intero centro-sinistra che, a partire dai contenuti della manifestazione del 13, si sviluppi nel tempo, anche se l’obiettivo ultimo di tale percorso non viene esplicitato. La seconda attiene all’esigenza di avviare un processo di ricomposizione (unificazione?) con Sinistra Ecologia e Libertà, tesi che viene supportata con il riferimento ad alcune esperienze in corso in Europa, come il Fronte della sinistra in Francia o la Linke in Germania.

Nell’affrontare questi nodi è necessaria una premessa, che riguarda per l’appunto il tema dell’unità a sinistra. Nessuno può disconoscerne l’importanza, a maggior ragione nel momento in cui c’è bisogno di opposizione nel paese per battere Berlusconi e per affrontare la questione sociale amplificata dagli effetti della crisi. Il problema, tuttavia, non è quello di porre in astratto la necessità dell’unità, ma quello di verificare le condizioni per l’”unità possibile”, di individuare i terreni sui quali questa unità può esercitarsi e, infine, dell’individuazione dello sbocco (anche in questo caso non desiderabile, ma possibile) di uno sforzo unitario. Quello che non mi convince nell’articolo di Grassi, a tale riguardo, non è l’ispirazione unitaria, né l’impegno necessario per valorizzare i momenti unitari, ma la sottovalutazione di fondo del progetto del PD e, quindi, l’evocazione di un processo unitario che prescinde da essenziali valutazioni di merito.

Voglio essere ancora più esplicito. Quando si sottolinea che per fare la manifestazione di Piazza del Popolo il PD ha dovuto interloquire con le forze alla sua sinistra, mentre gli è stato impossibile agganciare l’UDC, si dice una cosa vera, ma questo – a mio avviso – non modifica di un millimetro l’impostazione politica e strategica dell’attuale gruppo dirigente del PD che si regge su un unico assunto: la necessità della costruzione di un’alleanza con l’UDC e più in generale con le forze centriste. Certamente Bersani non pone pregiudiziali ad un rapporto a sinistra, ma ciò vale fintanto che ciò non mette a rischio la scelta principale che è quella, per l’appunto, dell’aggancio del centro.

Come spiegare altrimenti ciò che abbiamo potuto verificare in queste settimane negli accordi per le elezioni regionali? In Puglia, l’aggancio con l’UDC non è riuscito unicamente perché alle primarie è prevalso Vendola, mentre il gruppo dirigente bersaniano del PD sarebbe stato disponibile tranquillamente a rompere con la sinistra per ottenere l’alleanza con i centristi ( e perfino con la Poli Bortone). Nelle Marche la vicenda è ancora più bruciante: in quel caso si è operata – sic et simpliciter – una sostituzione della sinistra con l’UDC. In altre realtà, come il Piemonte, per ottenere l’alleanza con l’UDC si è operata una svolta anche sul piano programmatico in senso moderato.

Il PD guarda, insomma, al centro e nella migliore dei casi considera la sinistra una forza di complemento. In quanto ai contenuti politici anche in questo caso bisogna stare molto attenti. La manifestazione di Piazza del Popolo non ha cancellato la propensione consociativa sul piano delle riforme istituzionali che ha percorso questa legislatura. Inoltre, da un punto di vista strategico, l’asse con l’UDC determina  una tendenza all’accentuazione in senso moderato della proposta programmatica. L’accresciuta combattività nei confronti di Berlusconi dettata da evidenti esigenze elettorali va considerata per quello che è e non va scambiata per una modifica sostanziale di linea.

Queste osservazioni hanno delle implicazioni evidenti sul piano della prospettiva politica. Esse ci dicono che l’unità possibile con il PD si concentra oggi su alcuni terreni, ma non su tutti, che comunque i rapporti saranno condizionati dalla variabile UDC e che per queste ragioni – ecco il punto – la ricostruzione del centro-sinistra con il nostro coinvolgimento diretto non è possibile. Questa precisazione è assolutamente d’obbligo. Occorre ben intendersi cosa, infatti, può o non può significare la nostra disponibilità unitaria. A me pare, ad esempio, che non si dia la possibilità, in caso di elezioni politiche anticipate, di andare oltre ad un accordo elettorale e che, quindi, non vi sia la possibilità di un accordo di governo.

Siamo d’accordo su questo o vi sono incertezze? Il compagno Grassi non affronta – per la verità -questi nodi e quindi lungi da me un processo alle intenzioni. Il punto, tuttavia, è che un impegno unitario per promuovere una più forte e convinta opposizione nel paese deve  essere assunto, ma con la piena consapevolezza che esso incontrerà ostacoli oggettivi e che pertanto l’esigenza di valorizzazione, accanto all’unità, della nostra autonomia è indispensabile, pena un progressivo appannamento del nostro ruolo e un esito insoddisfacente anche sul piano della battaglia di opposizione.

Sulla seconda questione, posta nell’ articolo, e cioè quella del rapporto con Sinistra Ecologia e Libertà, a me pare si commetta un errore sostanziale, che consiste nel prescindere dall’attuale linea di questa forza politica. Constatare che le due formazioni di sinistra, la Federazione e SEL, restano di dimensioni limitate e che se si potessero sommare le forze si avrebbe un soggetto più forte in grado di competere è astrattamente vero, ma ciò non fa i conti con le differenze esistenti sul piano del progetto politico e dei contenuti. L’evento, infatti, più rilevante con cui abbiamo dovuto fare i conti in queste settimane è stato il voltafaccia (non mi pare di esagerare usando questo termine) di SEL.

Dopo un’apertura verso la Federazione dettata dall’esigenza di reggere lo scontro col PD in Puglia, tutte le propensioni unitarie manifestate in quella circostanza sono venute puntualmente a cadere. Così in Puglia non è stato possibile dar vita ad una lista unitaria nonostante l’alto sbarramento previsto, in Campania sulla candidatura De Luca vi è stata la ritirata e il ricompattamento nel centro-sinistra, in Lombardia non si è spesa una parola per respingere la pregiudiziale anticomunista posta da Penati. Questi sono i fatti che ci dicono quale sia oggi l’orientamento di SEL: la scelta di una collocazione organica in un nuovo centro-sinistra e il rifiuto a dar vita ad un polo alternativo. È pensabile proporre oggi un’unificazione (o una unificazione tendenziale) con questa forza politica? A me non pare ne esistano le basi.

Vi possono essere intese circoscritte, anche elettorali, in alcune realtà (come è avvenuto positivamente nelle Marche), si può favorire la convergenza su alcuni contenuti, laddove ve ne siano le condizioni, si può anche promuovere un’offensiva politica più generale, ma è possibile andare oltre questo? A me pare – in tutta onestà – che non sia possibile. Oltretutto, porre il tema dell’unità con SEL ora, nel bel mezzo di una campagna elettorale dove in tutta evidenza vi è una competizione diretta con la Federazione della sinistra che assume in alcuni casi anche toni aspri (come nei giorni scorsi in Campania) rischia di determinare ancora più confusione in un elettorato che, semmai, avrebbe bisogno di conoscere con grande chiarezza le differenze che esistono fra le due forze politiche.

Ma non si tratta solo di questo. Nell’articolo citato si introduce un argomento che francamente non mi convince, si sostiene cioè che l’unità fra Federazione della sinistra e SEL costituisce un approdo coerente con ciò che sta avvenendo in Europa, come nel caso francese e in quello tedesco. A me pare che il confronto non regga e che anzi vi siano delle differenze sostanziali fra i vari paesi. Si potrebbe discutere a lungo su cosa sia oggi la Linke in Germania o il Fronte della sinistra in Francia, ma c’è un punto comunque dirimente che va tenuto presente. Né in Germania, né in Francia le formazioni della sinistra mettono in discussione il loro ruolo autonomo nei confronti rispettivamente della SPD e del PSF. In Italia, invece, è del tutto evidente che SEL punta ad una collocazione interna ad un centro-sinistra omogeneizzato dal PD. Si tratta di una differenza sostanziale che spiega il motivo per il quale non è possibile replicare quelle esperienze in Italia.

Più in generale a me pare che, di fronte all’obiettiva complessità della situazione, le semplificazioni non servano e, soprattutto, che una prospettiva politica non si costruisca prescindendo dai contenuti e quindi dal confronto di merito sui progetti politici in campo. Per questo per superare la condizione di marginalità in cui ci siamo venuti a trovare occorre certamente anche la capacità di tessere relazioni politiche per rompere l’isolamento, ma con un ancoraggio fortissimo al sociale e con la capacità di far vivere, accanto alla propensione unitaria, una reale autonomia di progetto. Solo così si resta in campo senza farsi trascinare nell’omologazione e, quindi, nell’annullamento.

Gianluigi Pegolo

20 commenti

  1. Caro Pegolo, va bene fare gli accordi per battere le destre ma basta con accordi di governo!!!! Abbiamo visto cosa ha portato la nostra esperienza nei due anni di governo Prodi, un totale disastro!

    • Caro Franco,

      sono d’accordo con te. Un conto è la necessità di battere le destre, un conto è la partecipazione ai governi. Sono due cose diverse e invece, troppo spesso, anche per risolvere il problema della nostra rappresentanza, sono state mescolate. Battere le destre è una necessità, ma per ottenere questo obiettivo è sufficente un accordo elettorale senza presenza nel governo. La presenza nel governo implica, invece, che vi sia una piena identità di vedute all’interno di una coalizione. Se sul piano programmatico i contenuti non sono pienamente condivisibili è bene star fuori dai governi e se vi sono elementi di significativo contrasto, anche dalle coalizioni. Questo è particolarmente vero nel caso del governo nazionale, dove le differenze fra noi e il PD sono considerevoli su temi di prima grandezza, basti pensare alla politica internazionale, ma non solo. In questo caso il massimo che si può fare è un accordo elettorale, convergere su una riforma elettorale proporzionale e su alcune misure di risamanebto democratico ( penso al conflitto di interessi, per esempio). Ma non entrando in alcun modo nel governo e mantenendo sulle altre questioni una posizione autonoma.

      Gianluigi

  2. Ferrero ha ripetuto miliardi di volte che l’accordo sarà tecnico e non di governo, qualora lo si faccia. Penso sia un affermazione inequivocabile che non lascia spazio a interpretazione diverse.

    • Caro Compagno,

      hai ragione, Ferrero lo ha ribadito più volte. Porre la questione potrebbe quindi risultare superfluo, ma a me pare che invece sia utile e voglio spiegare perchè. A me pare che sia nei rapporti interni nella Federazione della sinistra che nel nostro dibattito interno, permangano incertezze sul nodo delle alleanze, in particolare con il PD. Sull’onda dello scontro politico in atto, nel timore (peraltro legittimo) di essere stritolati dal voto utile, ed anche per effetto dell’interiorizzazione della sconfitta, vi è una propensione serpeggiante e spesso non dichiarata a considerare la riapertura del rapporto col PD, come la soluzione (e talvolta come l’unica soluzione) ai rischi di una nostra emarginazione. SIia ben chiaro, io rispetto tutte le opinioni ed anzi credo che sia un bene che nel partito e nella stessa Federazione si discuta liberamente anche partendo da posizioni molto diverse, ma al tempo spesso devo ribadire che una simile impostazione è a mio avviso un errore, perchè sottovaluta la natura del PD e perchè – al tempo stesso – antepone la manovra tattica a considerazioni di contenuto.

      Gianluigi

  3. Grazie compagno… molti compagni, anche qui, sono stanchi di tutti i tatticismi e opportunismi che blaterano di “unità” ma che non hanno niente a che vedere con quello che dovrebbe essere veramente una forza COMUNISTA, ANTICAPITALISTA e ALTERNATIVA. Non pochi compagni all’estero non andranno neanche a votare a queste regionali, ma chi glielo fa fare di prendersi un aereo o un treno o la macchina, a proprie spese di tempo e di soldi, per andare a votare dei personaggi come Bonino, Vendola, Bresso e simili???
    Siamo stanchi compagno Pegolo… parecchio stanchi. Stiamo facendo le cose per il Partito e per la campagna più per la lealtà al Partito stesso, che per vero convincimento ed entusiasmo. E stiamo polemizzando anche duramente sui vari siti e blog dei vari Ferrero, Grassi e compagnia: ma se continua così, presto non polemizzeremo più: non ci saremo più. Poi, se qualcuno dice che quello che contano veramente sono gli elettori e non i militanti, benissimo: che il lavoro di campagna elettorale glielo facciano gli elettori, allora.
    Non si lamenti, poi, quando non ci saranno pìù né i militanti, ne gli elettori, né nulla.
    Saluti comunisti da Bruxelles

    • Caro Mario GC,

      comprendo le preoccupazioni ed anche il senso di scoramento che vivono i nostri compagni. Non potrebbe essere diversamente. Dietro a noi stanno due sconfitte elettorali molto pesanti ( nelle politiche e nelle europee), una scissione pesante, l’inevitabile indebolimento organizzativo. Sono eventi che mettono a dura prova i compagni. Inoltre, nel momento in cui si stipulano accordi elettorali con il centro-sinistra non sempre il profilo dell’alleanza è quello che vorremo.
      La mia opinione a proposito è la seguente. Innanzitutto, è necessario dare il giusto peso alla partita elettorale. Nel senso che se non va sottovalutata , non va neppure troppo enfatizzata. Dopo due sconfitte è chiaro che se ottenessimo l’ennesimo insuccesso vi sarebbero effetti gravi. Per questo un minimo di articolazione nelle scelte locali era opportuna. A tale proposito, a me pare che nel complesso il profilo che presentiamo non sia negativo, ma ciò lo si deve al fatto che in tre regioni (Lombardia, Marche e Campania) abbiamo scelto di competere direttamente con il PD da una posizione autonoma. Se avessimo fatto accordi dappertuitto la nostra immagine sarebbe stata poco convincente. Negli altri casi vi sono situazioni diverse. Senza entrare nel merito – molte cose si potrebbero dire- io credo che i compromessi siano stati accettabili anche se in uno, due casi, personalmente avrei fatto scelte diverse, ma questa è una mia personale posizione che ovviamente non impegna l’insieme del gruppo dirigente del partito. Il problema di fondo, tuttavia, che richiama il tuo intervento è la necessità di una prospettiva perchè il disagio dei compagni nasce dall’incertezza sulla stessa. Su questo qualcosa dobbiamo dire. Io credo che se confrontiamo lo spazio politico oggettivo che esiste per una forza comunista e quello che noi concretamente riusciamo a coprire dobbiamo constatare che vi è una evidente sproporzione. Data la gravià della crisi, dato il profilo moderato del PD e, infine, le sbandate di Sinistra Ecologia e Libertà abbiamo di fronte a noi una prateria. il problema è che non siamo ancora in grado di occupare questo spazio immenso. Perchè? Le cause sono diverse e forse varrebbe la pena di aprire un dibattito nel partito su questo nodo. Non credo di avere la verità in tasca, come nessuno peraltro, ma qualcosa mi sento di segnalare. Do per scontato che subiamo un oscuramento mediatico, ma so anche che questo è per molti versi inevitabile in questo momento e, in ogni caso, credo che se una forza politica ha le idee chiare e una azione efficace prima o dopo trova spazio anche sui mass media. E’ su questo che ci si deve concentrare: l’efficacia delle nostre scelte e i mezzi che utilizziamo. A me pare che le nostre posizioni siano state sostanzialmente corrette, ma spesso sono emerse in ritardo, in altri casi senza una adeguata valorizzazione, mancando qualche volta anche di una modalità di azione efficace. In secondo luogo, la Federazione, se è stata utile sul piano elettorale, resta per molti versi una costruzione con deboli basi politiche e un chiarimento a riguardo dovrà essere fatto. In terzo uogo, occorre un progetto di rilancio del partito, a partire dalla costruzione/ricostruzione dei nostri circoli, perchè sui territori, anche all’estero, vi sono spazi, ma le nostre strutture devono ricevere indicazioni e aiuto per quanto è possibile. Questi brevi spunti scontano, peraltro, gli elementi di debolezza oggettiva che caratterizzano in questa fase il partito, ma che non possono costituire un alibi per la mancanza di una iniziativa quantomai necessaria.

      Gianluigi.

  4. Da Facebook

    compagno Pegolo, sono nel complesso d’accordo con l’articolo. Ma forse tu sei ancora possibilista sulle possibilità di ritrovare una strada. Io ho a tal proposito seri dubbi. Io ho l’impressione che ormai il Prc non abbia più una sua politica autonoma, non abbia più un’identità. Continuiamo a farci del male rincorrendo il Pd, accettando anche l’Udc, subendo addirittura l’umiliazione di farci estromettere in alcune regioni, salvo poi fare come la volpe con l’uva dicendo che lì non c’erano le condizioni per allearci. Cercando di seguire l’onda di Di Pietro non abbiamo ottenuto altro che fare di quest’uomo di destra un baluardo della sinistra (e chissà quanti voti gli abbiamo regalato). Ora ci tocca sentire da Ferrero che alle prossime elezioni dovremmo stare tutti insieme: Udc o non Udc, il centrosinistra italiano è formato da neoliberisti e da anticomunisti tanto quanto il centrodestra. Il giorno della manifestazione di Roma, dopo aver visto allla televisione la sfilata dei “Leaders” sul palco e aver ascoltato le dichiarazioni del portavoce della Federazione della sinistra, mi è quasi venuto da piangere per la rabbia. Non possiamo adattarci a questo bipolarismo che ci cancella, ci rende inutili agli occhi della gente. Dobbiamo costruire un vero polo della sinistra anticapitalista, guardare alla nostra sinistra e non dare più retta alle sirene governiste.

    • Caro Andrea,

      il problema da te posto è avvertito nel partito ed altri compagni me l’hanno già posto. E’ il tema delle alleanze e quello della coerenza con la nostra identità e il nostro progetto. Consentimi, però, di ribaltare il ragionamento che mi proponi, non perchè non ne colga l’importanza, ma per comodità di esposizione. Cosa dovrebbe caratterizzare – in primis- la nostra iniziativa come comunisti? Io credo: l’iniziativa sociale, la promozione del conflitto e l’ottenimento di risultati concreti per i nostri referenti sociali, siano essi i lavoratori dipendenti, precari e non, o le fasce a reddito medio-basso o ancora quei soggetti che per cultura e sensibilità condividono una opzione di trasformazione. Tutto ciò richiede , capacità di proposta, un rilancio politico/organizzativo del partito, un salto di qualità della Federazione, una adeguata politica delle alleanze. Concentriamoci su ques’ultimo punto, sul quale tu ti soffermi. Gli elementi oggettivi che gravano sulla questione delle scelte elettorali sono i seguenti: uno scontro con il centro-destra molto forte per i caratteri anti-sociali e autoritari di questo governo, delle leggi elettorali a tutti i livelli di impianto maggioritario, una articolazione del sistema istituzionale che mette in evidenza ruoli e competenze molto diverse fra livelli locali e nazionali. Vi sono poi vincoli di natura squisitamente politica: il profilo moderato del PD, i tentativi di aggancio dell’UDC, la difficoltà a costruire un polo alternativo per la posizione subordinata di SEL allo stesso PD.
      Di fronte a tale complessità si potrebbe pensare di evitare il terreno rischioso della competizione elettorale, ma sappiamo che sarebbe una scelta perdente. Dobbiamo quindi accettare il confronto anche sul piano istituzionale con la bussola orientata al soddisfacimento di quei bisogni sociali a cui alludevo prima. Per farlo occorre porre la centralità sui contenuti e subordinare a questo le scelte delle alleanze sapendo che in tal modo non si faranno accordi dappertutto e a qualunque condizione , ma dove saranno giustificati. So bene che una scelta di questa natura richiede molto rigore e che non bisogna commettere l’errore di utilizzare strumentalmnete contenuti evanescenti per giustificare qualsiasi alleanza. Ma non vi sono alternative. Solo così, peraltro, è possibile dar conto delle nostre scelte con limpidezza e trasparenza. Questa impostazione richiede però che le scelte siano il frutto di una reale partecipazione del partito, a partire dalle sue strutture di base, altrimenti il rischio è che calcoli politicisti dei vertici abbiano talvolta la meglio su qualsiasi altro ragionamento.

      Gianluigi

  5. Caro Pegolo,
    purtroppo la notizia non buona (come scrive qualcuno) è che l’ipotesi “Ulivo centro-sinistra” (con o senza UDC non è un problema, non giriamo la frittata, la musica non cambierebbe affatto, basta il PD e la sua politica “LUI” è la nostra pregiudiziale, mica Casini) resta l’unica alternativa alle destre, alla sua sinistra non appare una forza con un’influenza di massa determinata a rappresentare un’alternativa. In questi quindici anni, i poteri forti hanno cercato più volte di giocare la carta della cooptazione dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche e sindacali contro il blocco sociale berlusconiano riuscendoci molto bene, ne sono un esempio i governi Amato e Ciampi e i due governi Prodi e la collaborazione con questi delle forze della sinistra a tutti i livelli (dalla concertazione sindacale alla partecipazione diretta agli esecutivi) hanno devastato e depotenziato ogni tenuta e ricostruzione di un blocco sociale antagonista e indipendente verso gli interessi del capitalismo.
    Noi PRC quando ci tiriamo fuori da questo gioco? 20 anni di macere non bastano? non basta mai?
    Ormai le differenze tra destra e sinistra sono chiare, mentre la destra ha a cuore la sorte dei capitalisti (con nome e cognome), la sinistra ha a cuore le sorti del capitalismo.
    Basta prenderci in giro!
    Se a questo aggiungiamo che si marcia a tappe forzate verso la Federazione della Sinistra (scioglimento di fatto del PRC) che a sua volta non vede l’ora di ricongiungersi con Vendola e soci, l’unica nota dolente la rilevo per i Comunisti e per gli Anticapitalisti, per “loro”, il quadro continua a sembrare alquanto fosco e l’articolo non fa intravedere alcuna luce a tal proposito.
    Il collasso della sinistra italiana rende indispensabile un ragionamento comune tra le forze che convengano sulla necessità di una sinistra dei lavoratori, comunista anticapitalista e alternativa al centrosinistra. Non c’è bisogno di proporre né una federazione né un nuovo partito ma aprire una collaborazione su alcune iniziative concrete e una riflessione comune sulla prospettiva con tutte le forze che ci stanno, con i comunisti senza partito, a tal proposito ricordo che 500.000 compagni sono transitati all’interno del PRC.
    E’ vero che dopo Chianciano la nebbia si va diradando, e il quadro molto fosco si sta delineando abbastanza chiaramente, la nuova linea politica del PRC marcia a tappe forzate per rimetterci di nuovo tra le braccia del CentroSinistra come se nulla fosse accaduto, (inutile disquisire sull’accordo tecnico organico senza ministri coi ministri… è penoso) inoltre sia Grassi sia Ferrero lavorano affinché la Federazione della Sinistra si riunisca con Bertinotti e Vendola il prima possibile, tornando finalmente con i cantori della fatica del vivere quotidiano a recitare poesie nei salotti della buona borghesia (quella progressista e illuminata), nel frattempo gli “altri” gli oppressi restano sui tetti in attesa di rappresentanza e di un referente politico. Il problema della rappresentanza di classe resta ancora li sul tappeto… quando ne parliamo? cosa dobbiamo aspettare?
    Cosi non va, anche io come il compagno di Bruxelles sono stanco, siamo stanchi compagno Pegolo… parecchio stanchi

    • Caro compagno,

      a me pare che dalle cose vengano – almeno in parte – le risposte alle preoccupazioni che tu manifesti. In primo luogo, sul PD. L’attuale politica del PD, tutta centrata sulla costruzione di un asse con l’UDC, si scontra con la obbiettiva difficoltà a conciliare tale alleanza con un programma di cambiamento. Ciò fa sì che a sinistra resti uno spazio per una sinistra di classe per fare proprie alcune istanze di cambiamento. in secondo luogo, per quanto riguarda la vicenda di SEL, mi pare che la volontà chiara di questa forza di confluire anche acriticamente nel centro-suinistra ( come nel caso delle elezioni della Campania) dimostra che una ipotesi di unificazione fra Federazione della sinistra e questa formazione sia sempre meno credibile. In terzo luogo, sulla Federazione. Se qualcuno pensava che il semplice richiamo all’unità della sinistra fosse sufficiente per fare della Federazione un motore automatico di aggregazione di nuove forze si sbagliava. Ancora una volta quello che emerge anche dalle esperienze recenti è che anche nelle alleanze quello che conta è la base politica, il progetto e l’effettiva volontà. Requisiti con i quali la Federazione deve fare i conti se vuole avere un futuro.
      Cosa ne deriva? Che ogni ipotesi di subordinazione al PD è fallimentare. Vi possono essere intese, ma dove vi sia una convergenza vera, non a priori. Che la costruzione di un polo di sinistra di alternativa passa attraverso una iniziativa sociale caratterizzata. E, infine, che senza il rilancio del Partito della Rifondazione Comunista e del suo progetto tutto ciò è impossibile, e anche l’effettivo cosolidamento della Federazione.

  6. Carissimi compagni,anch’io sono stato militante PRC poi ho aderito a SEL.Non vi nascondo che non sono affatto contento per come stanno andando le cose in questo Partito;infatti non condivido l’analisi che colloca il Pd schierato convintamente a sinistra.E’ una forza di Centro che porta avanti una politica di sostanziale appogio alle politiche speculative,di mediazione sociale,di legittimazione del comando dal punto di vista capitalistico.Ma il punto è:una forza politica che sia in grado di indicare un percorso che miri a ricomporre non un’identità astratta bensì una prospettiva,di alternativa o meno per l’immediato,che tenga conto che stiamo ballando sul baratro,che non basta più una politica di semplice redistribuzione di reddito,che la crescita,oggi ,è sinonimo di distruzione e malessere,che il benessere non si misura più sulla quantità di merci prodotte e su quelle che possediamo o possiamo comprare.

    • Caro Onofrio,

      sono d’accordo con te. Purtroppo si sta ripetando uno scenario che abbiamo già conosciuto in altre occasioni. Quando a sinistra si perde la fiducia nel cambiamento si cerca, molto spesso, la scorciatoia politicista basata su una politica disinvolta nelle alleanze, sulla ricerca di una legittimità prevalentemente istituzionale, sull’utilizzo della personalizzazione della politica. Questo approdo ha naturalmente un risvolto: l’abbandone del rigore sui contenuti e l’accettazione di un “riformismo debole”, come si sarebbe detto in altri tempi. E’ necessario modificare queste tendenze. L’unità della sinistra o si basa sul recupero di valori, di contenuti e di iniziativa sociale o resta una vuota parola.

      Gianluigi

  7. Caro compagno,
    ritengo che la tua analisi riguardo l’ attuale quadro dei rapporti e delle relazioni possibili a sinistra sia esatto. Inoltre trarre conseguenze politiche nuove da quella manifestazione contro il salva-liste, come fa Grassi, mi sembra quantomai avventato, così come richiamare all’ unità in astratto. Anche Ferrero ha chiarito su Liberazione oggi. Tuttavia tutte le tue riflessioni sul posizionamento nostro a sinistra del centrosinistra non possono prescindere da altri ordini di ragionamento più profondi: i troppi accordi organici a livello di enti locali di cui siamo protagonisti, le pratiche istituzionaliste diffuse al nostro interno e l’ insufficienza del dispiegamento sociale del partito. Senza questi approfondimenti, passare dalle parole ai fatti diventa arduo.
    Innanzitutto, il partito sociale ancora è insufficiente ed ancora è marginale nella considerazione reale che ne ha PRC, che pone ancora al centro del proprio agire politico le istituzioni e le questioni elettoralistiche e di rapporti con le altre forze politiche. Servirebbe piuttosto, un maggiore impegno nel calare il partito nel sociale, impegnandolo a costruire connessioni e relazioni sociali in una società come questa in cui la ristrutturazione capitalistica ha inciso tanto profondamente da scomporre fino all’ atomo la classe sociale cui facciamo riferimento. Si tratta di ricostruire connessioni, coscienza, unità d’ intenti nel vespaio e nelle migliaia di forme in cui il proletariato si è frammentato, ripartendo dal mutualismo e dal tentativo di unire le lotte. Ci vorranno anni, ma è l’ unica via possibile, scorciatoie elettorali non ce ne sono.
    Per quel che riguarda le alleanze di Governo locali che spesso e volentieri facciamo, a me pare evidente che non servano proprio a nulla. Il centrosinistra serve talora a limitare i danni, a non far governare le destre, però non è mai fattore di cambiamento positivo, di avanzamento. Pertanto BASTA! Basta inutili alleanze organiche, il PD è ovunque ridotto ad un vespaio inestricabile di personaggi loschi, sistemi di potere, ecc che rendono ovunque l’ entrata nelle giunte un’ evidente compromissione negativa per noi e le nostre istanze. In tal senso, è finalmente ora di mettere mano alle pratiche istituzionaliste largamente degenerate che albergano al nostro interno. E’ indecente che per assecondare il poltronismo di qualcuno si facciano scappare i militanti e che questo partito sia cavalcabile da chiunque abbia un pacchetto discreto di voti! BASTA! Dovete intervenire voi dirigenti nazionali a porre fine a queste cose. Non c’ è bisogno che mi metta ad elencare casi particolari del presente e del recente passato. Quando si dice nei documenti e nei manifesti che dobbiamo cambiare il modo di fare politica e che non dobbiamo essere percepiti come uguali agli altri bisogna passare dalle parole ai fatti!

    • Caro Gio,

      tu poni un problema vero ed è quello della insufficiente iniziativa sociale del partito e quindi del suo radicamento. E’ evidente che l’indebolimento organizzativo che abbiamo subito rende difficile perseguire ora questo obiettivo, ma non dobbiamo demordere. In questo mi trovo completamente d’accordo con te. Estenderei anche la riflessione più indietro nel tempo. Non sempre il PRC ha conosciuto difficoltà come quelle che incontriamo oggi, vi sono statio momenti in cui il peso elettorale era molto superiore e la dimensione dell’organizzazione più significativa. ii problema è che quando vi erano quest econdizioni una politica di consolidamento nel sociale non è stata fatta. in questo chi ha diretto il partito in passato ha una grande responsabilità. Il problema, a mio avviso , rimanda ad una concezione propagandistica dell’azione politica, perseguita per anni ,che ha eluso completamente la necessità della costruzione delle nostre istanze di base, dando loro strumenti e aiuti per sviluppare una iniziativa sociale adeguata. Per quanto riguarda l’altro corno del problema e cioè il ripiegamento istituzionalistico io ho a tale riguardo alcune opinioni. Vi sono state certamente pratiche sbagliate, come l’autoreferenzialità delle figure istituzionali ha messo spesso in luce, ma vi è stato anche un limite più generale che risiede a mio avviso nella separazione praticata -più che teorizzata – fra lavoro sociale, molto spesso ridotto a qualche campagna di informazione e lavoro istituzionale giocato sul richiamo alla persona e l’enunciazione di alcuni slogan. Quello che è mancato è una riconnessione dei due livelli intorno ad un progetto/programma di cambiamento concreto, unico modo per evitare scivoloni opportunistici.

      Gianluigi

  8. Caro compagno Pegolo,
    concordo perfettamente con la tua analisi anche se scorgo un piccolo neo che riguarda la “politique politicienne” e mi spiego meglio anche rifacendomi al bel commento di Gio che precede il mio. A parere mio il compagno Grassi così come Ferrero ed altri non credono più che un altro mondo sia possibile per cui si contorcono in mille bizantinismi per occupare un qualche posto di potere in questo mondo. A vedere il comportamento di tanti compagni nostri nella vita di tutti i giorni, di chi ad esempio si reca in banca per giocare in borsa dopo aver fatto professione di fede comunista la sera prima in qualche riunione di circolo, sembrerebbero avere ragione loro. Non condanno certi comportamenti che possono essere dettati da esigenze reali (se ho i miei figli disoccupati io i miei tre euro cerco di farli diventare sei per proteggerli ma evito di dichiarare in giro che sono più comunista degli altri) ma mi augurerei un po più di coerenza e un po meno di ipocrisia. Mi rifaccio ad una splendida frase del compianto Giorgio Gaber :” io non temo Berlusconi in sé, io temo Berlusconi in me”.Mi pare che sforzandoci di essere più coerenti con le nostre idee noi potremmo,dopo un periodo lungo in cui saremo scambiati per alieni, riprendere il ns cammino nella società. Compagno Pegolo a me pare che le nostre classi di riferimento abbiano consumato tutta la tavolozza dei colori ma non abbiano nessuna intenzione di ritornare al rosso.
    Saluti comunisti
    Beniamino

    • Caro Beniamino,

      tu poni un problema molto delicato, quello della coerenza fra enunciati e pratiche. E’ vero, anche in noi esiste questa contraddizione, anche se io credo – per onestà-che il nostro partito sia meno criticabile di altri. Conosco moltissimi compagni che si danno da fare, pur in una situazione così difficile, nei loro circoli, spesso senza risorse e strappando il tempo ai loro impegni personali o alla cura della loro famiglia. Quello che mi preoccupa di più è invece la possibilità che – anche per effetto delle oggettive difficoltà della situazione – possiamo perdere l’ancoraggio con le contraddizioni sociali e con la necessità di porre al centro del nostro agire quel paziente lavoro di connessione con le figure sociali, fatto di relazioni, solidarietà e lotte. E’ quando viene meno questo impegno che tutto si riduce a manovra tattica e si finisce nella “politica politicante”.

      gianluigi

  9. Caro Gianluigi
    spero che tu legga i commenti all’ articolo.
    Non entrerò nel merito delle analisi da te proposte, non per mancanza di ripetto nei tuoi confronti ma per ovvie ragioni di opportunità.
    Il tuo tentativo di salvare capra e cavoli è encomiabile.
    Noi che tutti i giorni dobbiamo avere a che fare con soggetti che, per essere gentili, hanno dimenticato la funzione e la militanza in un Partito Comunista.
    Parlando direttamente della mia Regione (ma la cosa mi risulta identica anche nelle altre) devo purtroppo notare la presenza (avvallata dal Nazionale), nelle nostre liuste, di un affolmaento di candidati appartenenti alla vecchia nomenclatura ultra fallimentare e screditata agli occhi dei nostri elettori. Dobbiamo inoltre convivere con personaggi che fino a ieri consideravamo ai margini se non complici del potere amministrativo che combattiamo. Non parlo solo di appartenenti a forze politiche diverse dalla nostra ma di soggetti interni al nostro partito che, oltre tutto, ricoprono cariche organizzative e costituzionali.
    Abbiamo paura di sparire di diventare una riserva, certo se continueremo di questo passo facendo accordi a destra e a manca ciò, e spero di sbagliare, sarà inevitabile.
    Le persone non ci vedono più come solutori di problematiche legate al loro vivere ne tantomeno ci identificano con valori di onestà e coerenza che ci hanno sempre contraddistinto. Provare ad andare davanti ai cancelli delle fabriche, negli uffici di collocamento, negli ambulatori, negli ospedali, nella scuola, tra i giovani in genere, ecc.
    Non è facile! Non è facile rapprentare diavolo e acqua santa
    Se ora la nostra presenza serve ad essere porta aqua di qualche politicante, di questa Fedrazione sorta con l’unico scopo di sopravvivere, domani, e spero molto presto, non sarà così.
    Siamo stanchi di avere a che fare con personaggi capaci di manipolare gli eventi, interni al Partito, al solo fine di salvagurdare i propri interessi.
    Siamo stanchi di spendere energie a favore di costoro.
    Siamo stanchi di non avere più un Partito nel quale il nostro orgoglio di Comunisti si possa riconoscere.
    Ho ascoltato gli interventi fatti alla manifestazione di Sabato scorso. Spero che almeno si abbia la dignità di dire io non mi sento rapprentato.
    Il nostro dire esssere diversi e distinguerci dalle pastoie determinate da alleanze imposte da scellerate scelte ci sollecita ad appellarci ad un ritorno ai problemi e alle condizioni che, di fatto, portino ad una vera discontinuità nelle persone delegate alla conduzione del Partito e soprattutto che impersonifichino una vera, e non camuffata, svolta a Sinistra come si auspicava al congresso di Chianciano.
    Con l’atteggiamento di coloro i quali sono nel giusto (autoconvinzione disarmante) ci siamo dimenticati la gente, persone che tutti i giorni nascono, muoiono, amano, quelle persone che occupate o disoccupate, precarie, immigrate, diverse o comunque solo individui attendono risposte che rappresentino la loro esistenza e la loro speranza in un futuro migliore. Forse è giunto il momento di cambiare strada, soprattutto è giunto il momento di essere conseguenti. Dobbiamo ricollocare la nostra cultura comunista al centro del nostro operare e soprattutto considerare il reale quotidiano con un filtro di linguaggi innovativi e pregiuduziali ad un avanzamento delle coscenze. E’ necessario modificare gli strumenti di analisi nel ca,po della cultura e non scendere a compromessi che somiglaino sempre di più ad un gossip di Stato. Ora siamo statici ed ancorati a privilegi personalistici e clientelari.
    Dalla posizione che occupi nel Partito potrai osservare che quanto dico è comune a molti, non so quanti ma, sicuramente, domani tanti o pochi(così continuando la cosa) non ci saremo a delegare nessuno che non ci rappresenti.
    Tengo a precisare che ho formulato le mie dimissioni da componentella la Sgreteria Regionale del Partito proprio in considerazione che il non rappresentare non è un lascito od un’eredità soggettiva ma, secondo me, appartiene a tutti coloro che mi hanno delegato a quel compito, essendo decadute le motivazioni originali che hanno permesso la nomia è diventato obbligatorio dimettersi.
    Il mio non è uno sfogo schizzofrenico ma una constatazione che deriva da esemplificazioni oggettive lampanti. A questo fanno fede i documenti presntati, a piu riprese, ai federali provinciali e al CPR con i quali si sottolineava l’enorme disaglio della mozione n.3 Ligure ad intrapprendere la via federativa sia l’opposizione alla linea politica del partito sia esso nazionale che regionale.
    Abbiamo inziato un’esperienza politica, legata al tuo nome, con entusiasomo e coerenza, dal nulla abbiamo creato un nucleo di compagni giovani che sono diventati, in questa regione, maggioranza dei giovani comunisti.
    Proprio questi giovani, preparati ed entusiasti, non vanno traditi.

  10. Caro Pierangelo,

    comprendo la delusione. E’ inutile nasconderlo, anche in queste elezioni ci sono stati compromessi e non sempre felici, così come nelle scelte delle candidature vi sono luci ed ombre. Non sono in grado di intervenire nel merito di tutte le questioni che tu poni, anche perchè la mia conoscenza è di livello troppo generale ed ogni situazione meriterebbe di essere analizzata nello specifico. Non voglio però esimermi dal misurarmi con alcune dei problemi che poni. Trascurerò la questione delle alleanze perchè, come potrai vedere, ho già risposto più volte su questo argomento a compagni che come te mi hanno inviato le loro repliche al mio articolo. Rimando pertanto alle risposte che ho dato loro per chiarire i miei convincimenti a tale proposito. Voglio invece esaminare la questione che tu affronti all’inizio e che in ultima analisi si richiama al tema dell’etica nella politica. Non vi è dubbio che nella condizione di emergenza in cui siamo si siano fatti molti strappi. Resto tuttavia d’accordo con te sul fatto che alcuni principi devono essere rilanciati. Ne cito alcuni: il limite dei due mandati per consiglieri ed assessori uscenti, la scelta partecipata di candidature, programmi e accordi, il rispetto delle minoranze interne nel nome di un autentico pluralismo anche nelle scelte elettorali, il principio sovraordinante secondo cui le scelte delle candidature vanno fatto a partire dal rispetto di criteri di moralità, competenza e affidabilità.

    P.S.: nell’articolo che ho scritto non volevo difendere “capre e cavoli” ed anzi, mi pare di essere stato abbastanza chiaro quando ho espresso il mio punto di vista. Se avessi voluto essere accomodante avrei semplicemente scelto di non intervenire.

    Gianluigi

  11. Guardate chi appogiamo in Piemonte!!

    http://www.facebook.com/video/video.php?v=106978972658738&ref=mf

  12. compagno pegalo è necessario rafforzare il processo della federazione della sinistra…con il partito democratico bisogna sancire solamente accordi elettorali e non politici…l’ultima volta che siamo stati al governo è stato un totale disastro velo ricordate?entrare in parlamento è indispensabile ma non al governo con partiti come il partito democratico…unità dei comunisti di tutti i partiti comunisti ora presenti in italia…ritorno nei movimenti in lotta come il movimento no tav e no nucleare e no global….bisogna costruire un programma della federazione completamente alternativo al PD…costruiamo un vero movimeento comunista, ambientalista e anticapitalista…deve essere questo il percorso e spero sinceramente pegalo che tu lo condivida


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